Nelle società occidentali, la concezione della possessione muta considerevolmente verso una visione esclusivamente negativa. In questo tipo di possessione i dèmoni hanno sostituito gli dèi. Per questo si pratica l’esorcismo, che consiste nell’espulsione dello spirito dal corpo dell’individuo, anziché l’adorcismo, così come avviene nei rituali africani, che consiste nell’addomesticamento della possessione a favore della comunità (Lapassade, 1976).
Tuttavia, la possessione occidentale, così come quella propria delle società tradizionali, è una modalità culturalmente determinata di espressione del malessere. Permette una donazione di senso e significato alla sofferenza di cui l’individuo è portatore, ma di cui non riesce a comprenderne linguaggio e simboli. È la traduzione su un piano tradizionale e famigliare di qualche cosa di sconosciuto, e per questo fortemente angosciante.
Il senso di insicurezza che sempre accompagna la malattia, e che aumenta con il diminuire della comprensione del disagio, rende gli uomini ugualmente aperti, dal punto di vista psicologico, sia all’intervento della scienza che a quello della religione. Ovviamente, là dove la prima è assente, la seconda polarizzerà su di sé tutte le attenzioni emotive del malato, che si rivolgerà a Dio, o a uomini a cui è attribuito un potere particolare... CONTINUA...
Il significato del termine possessione è connesso all’idea che la malattia, fisica, ma, soprattutto mentale, sia causata dall’intrusione nel corpo dell’individuo di uno spirito.
Questa concezione è propria di tutti i popoli e di tutti i tempi ed è intimamente connessa al substrato culturale delle singole comunità umane.
Nelle società tradizionali vari sono i significati che assume la possessione, così come varie sono le sue funzioni. In questo contesto difficilmente il fenomeno assume connotazioni negative, ma, al contrario, nella maggioranza dei casi è non solo accettata, ma anche ricercata per i vantaggi che singoli e comunità possono trarne.
L’uomo moderno ha una mentalità che è per metà contemporanea dell’età preistorica e per metà moderna. Milioni di uomini, grazie alla loro fede, mantengono in vita istituzioni arcaiche e, a volte, anacronistiche, che il potere politico e religioso ha tutto l’interesse di mantenere (Albergamo, 1967).
L’uomo occidentale guarda al pensiero dei “selvaggi” con superiorità, ne deride superstizioni e credenze, ma cade in una duplice contraddizione che si manifesta nell’interpretazione che spesso dà della malattia: scientifico-medica da una parte e magico-religiosa dall’altra... CONTINUA...
Il modello di Psicoterapia di gruppo in oggetto è quello della Drammaterapia (DT), tecnica molto diffusa in Inghilterra, che rientra nel più ampio gruppo delle Terapie espressive, per il linguaggio prevalentemente immaginale-analogico che utilizza, ma le cui radici teoriche ed interpretative, per quanto riguarda l’aspetto psicodinamico, si possono ritrovare, da una parte, nello Psicodramma Classico di Moreno (PC), dall’altra, nella Psicologia Analitica e nella teoria dei ruoli così come sono utilizzate nello Psicodramma Analitico Individuativo (PAI)...
Di fatto, molte premesse teoriche che stanno alla base della DT sono condivise con lo PAI, e non emergono punti di evidente contrasto1. Emergono, certo, delle differenze, che possono essere ricercate negli obiettivi terapeutici specifici legati all’elaborazione dei conflitti profondi e nelle modalità di conduzione.
Nella DT l’immaginale è spinto a manifestarsi in quanto tale. Aspetto fondante del processo terapeutico è l’espressione creativa e la comunicazione attraverso di essa, ma il tutto avviene su di un piano simbolico. Per il paziente psicotico, questo significa avere la possibilità di accedere alla dimensione del come-se, della soglia che è passaggio dalla realtà quotidiana, pesantemente segnata dalla patologia, alla realtà drammatica in cui è possibile esprimere contenuti e comportamenti bizzarri o eccessivi, deliranti ed angoscianti, sempre su di un piano metaforico. In questo modo il paziente può distinguersi, se necessario, dall’aspetto angosciante legato ai ricordi personali ed all’utilizzo esclusivo del canale verbale, ma può anche avvertire lo spazio drammatico come spazio di “normalità”in cui esperire la legittimazione e la condivisione dei propri bisogni, sospendendo per un momento le paure di vivere immersi in un mondo isolato privo di comunicazione... CONTINUA...
Questo lavoro si propone di prendere in esame, senza pretendere di essere esaustivo, i concetti di Regressione, Reversibilità e Flessibilità secondo il vertice psicoanalitico.
Muovendo dal concetto freudiano di regressione si tenterà un collegamento con quelli di reversibilità e flessibilità così come vengono trattati, più o meno direttamente, in altri autori psicoanalitici quali Michael ed Enid Balint, Anna Freud e Wilfred R. Bion.
Il lettore potrà rendersi conto di come il concetto di regressione, inteso da Freud in senso patologico1, venga da Anna Freud arricchito dai concetti di reversibilità e flessibilità e dunque inteso come indispensabile per la crescita psichica e per la salute psichica.
Si tenterà infine di avvicinare la Reversibilità alle elaborazioni della clinica bioniana... CONTINUA...
Questo breve saggio si propone di confrontare le teorizzazioni di Sigmund Freud e di Wilfred R. Bion per quanto riguarda la nascita del pensiero. Nelle conclusioni tenteremo di mettere in luce le somiglianze e le differenze tra i due Autori.
Certamente è compito assai arduo definire con esattezza gli Autori che hanno direttamente influenzato il pensiero di W. R. Bion. D’altra parte egli non ci aiuta minimamente in questo senso: le sue opere sono generalmente avide di citazioni e riferimenti ad altri Autori.
In ogni caso, è indubbio che Bion si inserisca nel contesto della scuola kleiniana, tuttavia riteniamo che Egli si sia anche riferito all’opera di S. Freud... CONTINUA...
Fondamento della teorizzazione moreniana sono i concetti di creatività e spontaneità, forze primarie dell’agire umano. Concetti che Moreno elabora e sistematizza nell’impianto teorico che andrà a sostenere l’innovativa tecnica psicodrammatica... CONTINUA...
Nel mese di giugno dell’anno 2003, all’interno del castello di Buriasco, piccolo paese ai margini della cintura di Torino, si è tenuto un work-shop intensivo di tre giorni intitolato “Le vie degli Antenati”. Molti ed articolati sono stati i mondi ri-visitati, così come vari sono stati gli strumenti utilizzati: danzamovimentoterapia, sociodramma, psicodramma.
Le poche righe che seguono, vogliono essere semplici annotazioni a margine di un’esperienza che, non solo ci ha coinvolto ed emozionato, ma anche ri-evocato l’eco del passato, individuale e collettivo, carico di racconti e ricordi, di volti e voci, antiche gesta famigliari ancora presenti.
Passato cui abbiamo dato vita attraverso la rappresentazione, il corpo, le parole; espressione non solo della realtà, ma anche dei miti individuali, famigliari, collettivi, che costantemente ci accompagnano nel nostro presente... CONTINUA...
Psicologo Psicoterapeuta a Torino e Chieri dott. Alberto Cestelli | Articoli